4 October 2019
Le scelte per un green new deal capace di fermare la crisi climatica e rilanciare l’economia sono al centro dell’agenda della nuova Commissione europea e degli impegni del Governo Conte. Ma come si riesce a rendere davvero sostenibile e a zero emissioni l’offerta di mobilità pubblica delle nostre città? Quali investimenti servono per dare concretezza a un cambiamento nel settore dei trasporti, oggi responsabile di circa un quarto delle emissioni totali di gas serra in Italia e in crescita dal 1990?
Le risposte arrivano dal nuovo studio di Legambiente, Una cura del ferro per le città italiane, che analizza la situazione dell’offerta di trasporto nelle principali città italiane, per tracciare le priorità di investimento necessarie per puntare a raddoppiare al 2030 il numero di persone che si sposta a emissioni zero. Una priorità se si vuole ridurre inquinamento ed emissioni climalteranti.
Lo studio è stato presentato durante Expoferroviaria Milano.
È alle grandi aree urbane del nostro Paese, dove vivono oltre 25milioni di persone, che dobbiamo guardare per ripensare l’offerta di mobilità e realizzare una incisiva cura del ferro. Perché è qui che si concentra larga parte degli spostamenti, ed è qui che in questi anni è cresciuta la popolazione e troviamo i maggiori problemi di congestione e inquinamento. In queste aree troviamo una domanda di spostamenti concentrata e che avviene entro distanze di alcune decine di chilometri, che quindi può trovare risposta in un efficiente servizio di trasporto su ferro competitivo come tempi di percorrenza e spesa nei confronti dell’auto privata. A dimostrare come valga la pena investire su questa prospettiva lo raccontano gli spostamenti pendolari in continuo aumento nelle città ogni anno, ma dove larga parte di questi continua ad avvenire con automobili private. Non a caso l’Italia resta saldamente in testa alle classifiche mondiali per tasso di motorizzazione (70,7 veicoli ogni 100 abitanti). Il pendolarismo, soprattutto nelle grandi città ha numeri incredibili: secondo i dati dell’Istat a Roma ogni giorno si spostano 1,34 milioni di pendolari; 650mila a Milano; 420mila a Torino; 380mila a Napoli.
Lo studio presenta una analisi dettagliata della situazione della mobilità su ferro nelle città italiane e di confronto con gli altri Paesi europei. In particolare, sono state individuate le principali linee di domanda di spostamento in Italia con l’obiettivo di potenziare le frequenze e portarle a ogni 3-4 minuti per le metropolitane in servizio nelle grandi città e ogni 8-15 minuti nelle linee regionali più frequentate dai pendolari, ma anche di ridurre i tempi di attesa delle linee di tram. Per calcolare il numero di treni necessari a soddisfare un’offerta di servizio di questo tipo si è partiti dall’analisi dei treni in circolazione e dall’obiettivo di garantire un servizio efficiente e frequente, con treni che abbiano al massimo 15 anni di età. Il dato positivo è che il nostro Paese sta già investendo nell’acquisto di nuovi treni con investimenti da parte dello Stato, di Trenitalia, delle Regioni, che hanno permesso di ridurre l’età media dei convogli regionali a 15,4 anni (era 18,6 nel 2016). Dunque, oggi ha quanto mai senso ragionare di come dare continuità a questi investimenti con un grande programma da realizzare nell’arco di dieci anni. Per realizzare il salto di qualità nell’offerta che permetterebbe ai treni di essere davvero competitivi si dovrebbe passare da 2.880 treni in circolazione sulle 42 linee regionali italiane individuate a 3.630; per le 5 linee di metropolitana da 484 treni a 620 ed infine per i tram dai 1.051 attuali a 1.300.
La stima dei costi per l’acquisto o in parte il revamping dei 1.150 convogli tra treni regionali, metro e tram è di 5 miliardi di Euro in dieci anni. “Si tratta – sottolinea Zanchini – di investimenti assolutamente alla portata del nostro Paese e che devono entrare come priorità del programma degli investimenti verdi di cui si parla in questi giorni alla Commissione Europea e a Palazzo Chigi. Quello che proponiamo è un grande piano industriale per l’ambiente, capace di liberare le nostre città da traffico e inquinamento, aiutando il clima del Pianeta e rilanciando il lavoro in Italia».
Le soluzioni proposte dallo studio di Legambiente farebbero bene non solo all’ambiente, ma anche alle tasche e soprattutto alla salute dei cittadini. Investire nella mobilità sostenibile deve essere, infatti, una priorità anche per gli impatti sanitari: sono 790mila i morti l’anno in Europa a causa dell’inquinamento provocato dal trasporto su gomma. E l’Italia è seconda in Europa per morti per PM2,5 (60.600 ogni anno) e al primo per le morti da biossido di azoto (20.500): una situazione critica dimostrata anche dal deferimento da parte della Commissione Europa alla Corte di Giustizia, per il mancato rispetto dei valori limite per la qualità dell’aria. Le soluzioni proposte nello studio permetterebbero di contribuire in maniera significativa agli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 al 2030 previsti dal Piano nazionale energia e clima per il settore dei trasporti. Più difficile stimare i risultati in termini di riduzione dell’incidentalità stradale, ma è bene sempre ricordare che sono 3mila i morti ogni anno e la maggior parte degli incidenti avviene nelle aree urbane.
Lo studio racconta anche l’innovazione in corso nel trasporto ferroviario, con schede che analizzano casi di successo di innovazione nel trasporto pubblico realizzati da treni Hitachi Rail SpA. Da Milano – con la crescita dei passeggeri lungo le linee 1 e 2 della metropolitana dove circolano i treni Leonardo, costruiti con materiali riciclabili e che adottano sistemi di risparmio e recupero di energia – a Firenze, dove il sistema dei tram sta cambiando completamente la mobilità urbana con successi inimmaginabili solo qualche anno fa. Le ragioni sono in una frequenza dei passaggi ogni 4minuti e 20 secondi, con treni moderni e efficienti che hanno permesso di lasciare ogni giorno a casa quasi 10mila auto. Da Bergamo, con il tram delle valli che continua a mietere successi di passeggeri, ai nuovi treni Rock a doppio piano ordinati da Trenitalia attraverso un contratto quadro che prevede la fornitura fino a 300 treni già in circolazione in Emilia-Romagna e nei prossimi mesi anche in altre regioni, al nuovo anello metropolitano di Copenaghen con convogli automatizzati e un servizio in funzione 24 ore su 24.
Le esperienze di tante città europee e italiane, dimostrano che laddove si investe sulla rete del ferro, è possibile costruire un modello di mobilità a emissioni zero dove il valore aggiunto è l’integrazione con spostamenti in bici e a piedi lungo percorsi sicuri, con un trasporto pubblico ridisegnato proprio per ottimizzare gli scambi e ridurre i tempi di attesa, con le nuove forme della sharing mobility di auto, motorini, biciclette, monopattini elettrici. E se l’offerta esiste, è comoda e conveniente, i cittadini sono ben contenti di lasciare a casa la propria auto. Lo dimostrano anche i dati e i confronti, pubblicati nel rapporto di Legambiente, sul confronto con le altre città europee.
Fonte: Eco dalle Città