6 Luglio 2016
UNRAE, Associazione delle Case automobilistiche estere, ha incontrato a Roma la Stampa e le Istituzioni, per lanciare la sua proposta a sostegno della nuova “cultura della mobilità”, supportata dai risultati della ricerca condotta dal Censis, dal titolo: “Verso una mobilità 2.0: la gestione del cambiamento”.
Questi sono i principali risultati della ricerca presentata oggi a Roma da Marco Baldi, Responsabile dell’Area Economia e Territorio del Censis e commentata da Graziano Delrio, Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, da Giuseppe De Rita, Presidente del Censis e Massimo Nordio, Presidente di UNRAE.
L’auto è oggi un elemento centrale per gli spostamenti degli Italiani e lo sarà anche in futuro. L’evoluzione tecnologica dei veicoli e le nuove modalità di utilizzo aprono scenari importanti per ridurre le esternalità sul fronte della sicurezza e delle emissioni. Per coglierli pienamente, è necessario che anche i soggetti che operano sul fronte della governance (infrastrutturale, ambientale e regolatoria) si sintonizzino sui cambiamenti in atto.
Le ragioni di una perdurante centralità dell’auto. Continua ad aumentare l’uso del mezzo privato sia tra i pendolari che con riferimento alla popolazione mobile nel suo complesso. Le ragioni vanno individuate nella struttura insediativa di tipo diffuso del Paese (basti pensare che sono 11 milioni le persone che risiedono tutt’ora in aree montane) e in una crescita delle aree metropolitane che si verifica nella 2^ e 3^ cintura urbana ma non nei nuclei (dove è più semplice ed economico organizzare sistemi di mobilità collettiva). A ciò si aggiunge la debolezza storica del TPL che non riesce ad essere competitivo e non soddisfa i requisiti di qualità che la domanda vorrebbe. Basti pensare che la velocità commerciale degli autobus urbani nel 2014 è di 19,5 km/h e nei grandi comuni di 16,6 Km/h. Non stupisce che solo il 21% degli italiani ritenga che il TPL sia migliorato negli ultimi 5 anni, mentre il 45% pensa invece che sia peggiorato.
I cambiamenti in corso sul fronte tecnologico e comportamentale. Il settore dell’auto è impegnato in un costante miglioramento delle vetture e oggi si fa interprete di uno sviluppo che unisce libertà di movimento, qualità della vita, sicurezza e sostenibilità ambientale. Questo impegno ha fatto sì che le emissioni medie ponderate di CO2 delle nuove immatricolazioni di auto siano passate dai 144,3 g/km del 2008 ai 114,8 g/Km del 2015. I nuovi dispositivi per la sicurezza attiva e passiva hanno contribuito a ridurre in maniera sensibile le vittime in incidenti stradali dove sono coinvolti autoveicoli siano passate da 4.500 circa nei primi anni duemila a meno di 2.000 negli ultimi anni.
Nel frattempo si esplorano nuove frontiere il cui obiettivo ambizioso coincide con le auto “zero emission” e “zero accident”. Sul primo fronte basti considerare i rapidi miglioramenti delle prospettive dell’auto elettrica ed ibrida (quasi 28.000 vetture immatricolate nel 2015, in crescita esponenziale rispetto ad un paio di anni fa e con una quota di potenziali interessati che si attesta sul 65% della popolazione). Il secondo fronte coincide con l’auto a guida autonoma, oggi in sperimentazione con una serie di problematiche da risolvere non tanto sul piano tecnologico quanto su quello dell’adeguamento infrastrutturale (smart roads) e della filiera delle responsabilità. Nel frattempo, però, sono già oggi disponibili soluzioni di guida assistita che possono risolvere il problema di una collettività che “vuole” spostarsi in auto e che nel frattempo tende sempre più a senilizzarsi.
L’auto del futuro sarà dunque pulita, sicura, connessa, e in parte anche “condivisa”. Alto è infatti l’interesse per i diversi sistemi di condivisione. Da un lato cresce la quota di immatricolato attribuibile alle aziende di noleggio a breve e lungo termine (circa il 20% del totale), dall’altro crescono gli utenti del car-sharing (550.000 considerando solo Roma e Milano). Le possibilità di ulteriore penetrazione di queste forme di utilizzo senza possesso sono notevoli: la popolazione interessata a car-sharing e car-pooling supera infatti il 38% del totale con punte molto più elevate tra i giovani e i nuovi ceti urbani (61% circa).
I fattori che limitano l’impatto positivo dei processi di cambiamento. Il primo fattore è la vetustà del parco circolante. Dopo essersi abbassata significativamente nei primi anni duemila, l’età media del parco auto italiano ha ricominciato a crescere con un’accelerazione negli ultimi anni. Oggi l’età media delle auto circolanti in Italia supera i 10 anni. Nel 2006 era di 7,5. In soli otto anni l’età media del parco auto è cresciuta di due anni e mezzo. I 9 milioni di veicoli più inquinanti emettono ogni anno circa 19,6 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. Se venissero sostituiti le emissioni si ridurrebbero di 10,6 milioni di tonnellate. Il tasso di mortalità (morti per 1.000 autovetture coinvolte in incidenti) dei veicoli con più di 11 anni di vita è il triplo di quelle con meno di 2 anni. La sostituzione del parco auto più obsoleto determinerebbe una riduzione della mortalità del 7,3%.
Un secondo fattore riguarda il ritardo dell’adeguamento delle infrastrutture, in particolare la rete viaria e i parcheggi. Basti evidenziare la netta diminuzione degli stanziamenti per le infrastrutture, in calo di oltre il 40% negli ultimi 7 anni, sia in ambito nazionale, che locale. La flessione degli investimenti pubblici per costruzione e manutenzione stradale ha portato in pochi anni ad un dimezzamento del consumo di asfalto: dai 44 miliardi di tonnellate del 2006 ai 23,5 milioni dell’ultimo anno. Rimane da valutare nel prossimo futuro il piano di investimenti pubblici promosso dal Governo.
Anche la disponibilità di parcheggi non è aumentata nel tempo: oggi si contano 55 posti auto ogni 1.000 vetture circolanti e appena 19 con riferimento ai parcheggi di scambio, nodo cruciale a garanzia di una mobilità combinata e flessibile.
Le esternalità negative del traffico veicolare nelle grandi aree urbane (congestionamento e inquinamento, innanzitutto) sono affrontate dai decisori centrali e locali con approcci di tipo situazionale piuttosto che strategico. Basti pensare ai blocchi della circolazione, alle targhe alterne, alle «domeniche ecologiche». Oggi ci sono le condizioni per immaginare soluzioni che vadano oltre tutto ciò e che nel medio periodo relativizzino il concetto stesso di shift modale, fin qui considerato la vera soluzione, quantunque difficilmente praticabile.
Sarebbe importante che l’ideazione di nuove politiche per la mobilità basate sulla valorizzazione delle potenzialità tecnologiche e comportamentali fin qui descritte avvenisse in un clima di “inclusione” dove tutti gli stakeholder possano fornire il loro punto di vista, con l’obiettivo di giungere a soluzioni strutturali e di lungo periodo. Al riguardo, la soluzione andrebbe individuata in una “cabina di regia” che sviluppi una visione complessiva e integrata del ruolo dell’auto negli scenari della mobilità futura.
Sulla base delle considerazioni esposte dal Censis, il Presidente dell’UNRAE, Massimo Nordio, ha sottolineato che “i cambiamenti in atto, nei fatti, possono ribaltare completamente concetti dati per acquisiti nelle tradizionali analisi sulla mobilità. Questi processi vanno – però – esplicitati in modo corretto, il loro impatto positivo va valutato caso per caso, occorre immaginare adeguati processi di accompagnamento per massimizzarne i benefici sociali, è necessario che i decisori coinvolti interagiscano tra loro e con le Case auto che stanno equipaggiando i loro prodotti con le più moderne tecnologie, e che sincronizzino in qualche misura i loro interventi. In generale, andrebbero evitati gli errori del passato, anche recente, quando ad esempio si progettavano capolinea di metropolitane senza parcheggi di scambio, o quando si incentivava l’acquisto di veicoli bi-fuel senza agire adeguatamente sulla rete distributiva del metano”.
L’UNRAE ritiene si debba promuovere una nuova cultura della mobilità che possa consentire il cambiamento della società e contribuire alla creazione di valore sociale condiviso e una possibilità ci viene data dal concetto di championship, proprio come è stata declinata in riferimento alla cultura digitale. I digital champions sono gli “ambasciatori dell’innovazione digitale” e hanno il compito principale di diffondere la cultura digitale e creare interesse ed attenzione sulla materia.
“E’ arrivato il momento di concepire la figura del «mobility champion», il promotore della «nuova cultura della mobilità», ha affermato Massimo Nordio. “Chi potrebbe essere il Mobility Champion dell’Italia e svolgere questo compito nel complesso universo dei tanti attori che si occupano a diverso titolo di mobilità? Noi pensiamo debba essere un soggetto terzo, di grande autorevolezza, capace di una lettura davvero sistemica e non condizionata né da ideologismi né da riferimenti agli interessi economici di parte. Un leader in grado di generare awareness, una consapevolezza ampia riguardo ai processi ed alle opportunità in essere, di ampliare i coinvolgimenti, di operare a tutto tondo sul fronte della comunicazione. Un soggetto che sia in grado di alimentare una «nuova cultura della mobilità» scevra da pregiudizi e attenta alla coincidenza tra interessi individuali e collettivi”.
Uno dei ruoli principali che andrebbero affidati al mobility champion è quello di “convocazione”, riunire decisori e stakeholder: è infatti fondamentale per guidare la transizione in atto, scongiurando deresponsabilizzazioni, sintonizzando le visioni e, molto concretamente, evitando che l’innovazione avvenga in ordine sparso, riproducendo la frammentazione delle policy attuali.
Un ulteriore ruolo può essere individuato nella creazione di “obbligazione sociale” con un’azione di stimolo e coinvolgimento verso una mobilità sostenibile in tutti i sensi. Una “obbligazione” che deve riguardare tutti i soggetti della filiera, i produttori di autoveicoli, i decisori centrali, le amministrazioni locali, le compagnie assicurative, le aziende di trasporto pubblico, i produttori e distributori di carburanti, i soggetti che gestiscono flotte di veicoli, gli utilizzatori dei veicoli e gli utenti dei sistemi di trasporto.
“Tra venti massimo trent’anni avremo una mobilità connessa, condivisa e ad impatto zero sull’ambiente e sulle persone. Tutto questo non accadrà girando una chiave, ma passerà attraverso un lungo periodo di transizione, dove sarà fondamentale la nostra capacità di fare Sistema utilizzando al meglio le tecnologie disponibili, pianificando le necessarie infrastrutture e orientando le scelte di politica della mobilità verso l’equazione più efficiente per la collettività. In una parola la mobilità 2.0 va accompagnata e, per questo, mi rivolgo in particolare alle Istituzioni, agli altri Componenti della filiera, agli altri stakeholder della mobilità: dobbiamo farlo insieme. Oggi, perché il futuro è già domani”.
Fonte: Ruote per Aria